INTRODUZIONE
La fatigue correlata al tumore (FCT) è definita come un senso angosciante, persistente e soggettivo di stanchezza fisica, emotiva e/o cognitiva, o esaurimento correlato al tumore o al suo trattamento che non è proporzionale all’attività recente e che interferisce significativamente con le normali funzionalità della persona (Bower et al., 2014).
La FCT è diversa dal classico affaticamento che accompagna un individuo nella vita di tutti i giorni, di solito temporaneo e alleviato dal riposo. Per descrivere la condizione di stanchezza patologica cronica nei pazienti oncologici è stato proposto il termine astenia (Sobrero et al., 2001), ma il termine FCT ha ottenuto una più ampia accettazione nella letteratura medica.
La FCT è un problema comune nei pazienti oncologici, sia nella maggior parte di quelli sottoposti a trattamento attivo per la cura della malattia (chemioterapia e/o radioterapia), che in circa un terzo tra i sopravvissuti che hanno completato la terapia, anche a distanza di diversi mesi o anni (Escalante, 2019; Escalante, 2021). La vera incidenza della FCT nei pazienti oncologici è difficile da accertare, in quanto gli studi pubblicati sono limitati ai dati di prevalenza (Escalante, 2021). Si stima che la FCT colpisca il 15-90% dei malati di cancro in generale e oltre il 75% di quelli con tumore avanzato o metastasi ossee (Escalante, 2021). L’ampia gamma di queste stime probabilmente riflette criteri diagnostici variabili utilizzati per definire la FCT (Escalante, 2021). Un ulteriore problema con i dati sulla prevalenza è che la FCT tende a fluttuare nel corso del trattamento del tumore (Escalante, 2019). Per i pazienti che ricevono la chemioterapia la condizione è comunemente ad andamento ciclico e culmina dopo 10-14 giorni dall’inizio del trattamento (Escalante, 2019). Al contrario, nei malati sottoposti a radioterapia tipicamente raggiunge il picco verso la fine del trattamento per poi regredire gradualmente (Escalante, 2019). La prevalenza di FCT è maggiore in caso di protocolli di trattamento multimodali (es. chemioterapia+radioterapia) o ad alta intensità di dose e nei pazienti con malattia metastatica (Escalante, 2021).
La FCT influenza profondamente la qualità della vita dei malati, dei caregiver e delle loro famiglie dal punto di vista fisico, psicosociale, economico ed occupazionale (Escalante, 2021). Una piccola minoranza di pazienti presumibilmente guariti dal tumore è così debilitata dalla FCT da non essere ancora in grado di lavorare o di riprendere lo stile di vita precedente la condizione morbosa (Escalante, 2019). È comunemente identificata dai pazienti come uno dei sintomi più angoscianti associati al cancro e al suo trattamento, ma storicamente è costantemente sottostimata e trascurata come causa di morbilità correlata al trattamento (Escalante, 2021).
A causa della sua elevata prevalenza tra i pazienti oncologici, si ritiene necessario comprendere in modo approfondito la loro esperienza riguardo a tale sintomo, anche in virtù del fatto che la letteratura scientifica centrata su questo argomento è lacunosa (Fabi et al., 2017). Scopo del presente studio è quindi quello di esplorare l’esperienza della FCT nei pazienti oncologici durante e dopo le cure antitumorali. Nello specifico, gli obiettivi sono quelli di descrivere le ricadute del sintomo sulla qualità della vita e illustrare le strategie di coping adottate per la sua gestione.
METODI
Per rispondere allo scopo è stata implementata una revisione della letteratura di soli studi qualitativi (fenomenologici, etnografici, grounded theories). La ricerca delle fonti utili è stata realizzata attraverso l’interrogazione delle seguenti banche dati biomediche: MEDLINE (via PubMed), Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature (CINAHL) e PsycINFO. La strategia di ricerca è illustrata in Tab. 1. MEDLINE è stata interrogata con due distinte strategie di ricerca, la prima con termini MeSH del vocabolario controllato (Tesauro), la seconda mediante parole a testo libero (free words) implementata sugli ultimi due anni, al fine di intercettare i record relativi ad articoli recenti le cui parole chiave potrebbero non essere ancora state assegnate ad uno o più specifici MeSH. Sono stati inclusi esclusivamente articoli relativi a studi primari qualitativi che avessero come argomento principale l’esperienza della FCT, il suo impatto sulla qualità di vita, le strategie di resilienza adottate dai sopravvissuti. Non sono stati esclusi documenti sulla base della data o lingua di pubblicazione. Al termine del processo di interrogazione è stata operata un’iniziale selezione dei record per pertinenza con l’argomento in oggetto dopo lettura di titolo e abstract. Nei casi dubbi sono stati recuperati i full text. Al termine del processo i risultati sono stati proposti in modalità narrativa secondo un ordinamento logico per macroaree emergenti.
RISULTATI
L’interrogazione delle banche dati è stata effettuata in data 8 marzo 2021. I record individuati sono stati complessivamente 87 (Tab. 1). È stato eseguito un aggiornamento su MEDLINE il 12 novembre 2021, ma non sono emersi nuovi documenti di interesse
Fonte | Strategia di ricerca | Limiti | Record |
PubMed 1st | “Fatigue”[Mesh]
AND “Neoplasms”[Mesh] AND “Qualitative Research”[Mesh] |
All adult | 67 |
PubMed 2nd | (Fatigue OR Lassitude)
AND (Neoplasia OR Neoplasias OR Neoplasm OR Tumors OR Tumor OR Cancer OR Cancers OR Malignancy OR Malignancies “Malignant Neoplasms” OR “Malignant Neoplasm” OR “Benign Neoplasms” OR “Benign Neoplasm”)
|
All adult
Dall’8-3-2019 |
2 |
CINAHL | (MH “Fatigue”)
AND (MH “Neoplasms”) AND (MH “Qualitative Studies”)
|
All adult | 15 |
PsycINFO | exp Fatigue/
AND exp Neoplasms/ AND exp Qualitative Methods/
|
– | 3 |
Tabella 1. – Strategia di ricerca.
In Fig. 1 è illustrato il processo di selezione dei record. Al termine del processo di rimozione dei duplicati e selezione per titolo e/o abstract sono stati valutati per eleggibilità 23 documenti, di cui 14 inclusi nella revisione e nove esclusi in quanto si trattava di surveys con utilizzo di questionari o studi focalizzati sul gradimento di interventi per la FCT, oppure studi in cui la FCT assumeva una rilevanza marginale o infine studi quantitativi.
Figura 1. – Processo di selezione dei record.
(Con)vivere con la FCT
La FCT è un complesso fenomeno senza una definizione accettata universalmente e che gli stessi pazienti che ne sono affetti faticano a descrivere (Potter, 2004). La stessa parola, fatigue, è usata raramente; viene per lo più descritta come un’esperienza fisica di esaurimento, mancanza di forza fisica e debolezza, da cui appare una relazione di tipo complesso tra tumore, fatigue e morte (Lindqvist et al., 2004). Uno studio (Milligan et al., 1994) articola la FCT in quattro dimensioni: (1) fisiologica, (2) psicologica, (3) situazionale e (4) di performance.
Essendoci diverse dimensioni del vivere ed interpretare la FCT, anche questa viene espressa con modalità differenti. Spesso le persone descrivono la FCT con metafore (es. “i miei piedi sembrano di piombo” o “non posso correre, le mie gambe sembrano spaghetti”), esempi o descrivendone le conseguenze. Qualora venga chiesto ai pazienti di descrivere la condizione con una parola, in molti casi essi non riescono a trovare quella giusta; sono utilizzati spesso termini come “svogliato”, “lento”, “debole”, “scoraggiato”, “apatico”, “stanco”, “rallentato”, “indifferente” e “stanco in modo paralizzante” (Milligan et al., 1994; Potter, 2004). Tuttavia vi sono caratteristiche essenziali costanti nella FCT (Pongthavornkamol, 2012), ovvero: l’essere “deboli e facilmente stanchi”, descritta come una condizione di profonda perdita di energia che si verifica prima del previsto rispetto all’attività che si sta compiendo; la “cognizione alterata”, che include problemi di memoria e di pensiero e il sentirsi distratti, cosa che implica la non piena consapevolezza o coscienza delle cose che accadono nell’ambiente circostante.
I familiari e gli amici della persona con FCT non comprendono che cosa significhi essere affetti da tale sintomo (Pertl et al., 2014). Questa mancanza di supporto e di dialogo, anche da parte di medici e infermieri, fa sì che le persone con FCT ritengano che solo chi ne ha fatto esperienza possa comprenderli (Pertl et al., 2014). Dato che la FCT è qualcosa di intangibile, le persone che ne sono affette ritengono che sia difficile spiegare agli altri quanto essa sia intensa; costoro inoltre ripongono aspettative irrealistiche, come il ritorno alle attività che erano in grado di svolgere prima del trattamento antineoplastico, tentando di autoconvincersi di non dover più sentirsi “malati” (Bootsma et al., 2019; Potter, 2004).
La mancanza di parametri clinici oggettivi per valutare la FCT, la non comprensione e la scarsa disponibilità all’ascolto da parte degli operatori sanitari generano un approccio del tipo “nessun sintomo, nessuna causa, nessuna cura” (Bootsma et al., 2019). Per medici e infermieri la FCT è un effetto collaterale di scarsa rilevanza e bassa priorità assistenziale nell’iter di trattamento del cancro (Bootsma et al., 2019).
La FCT come descritta dalle persone che ne sono colpite è diversa dalla stanchezza o dall’affaticamento di un soggetto sano o sperimentato precedentemente all’insorgenza e al trattamento del tumore (Wu et al., 2007). E’ necessario un processo di legittimazione della FCT per farla comprendere a familiari e amici, ma soprattutto a chi assiste le persone che ne sono affette, partendo dallo sviluppo di argomenti e strategie per differenziarla dal concetto di fatica (Wu et al., 2007).
La FCT è sempre presente, non scompare mai del tutto anche dopo la guarigione dal tumore e spesso in modo del tutto imprevedibile diventa più intensa in momenti inaspettati (Wu et al., 2007). Il sintomo è accompagnato da una sensazione di pesantezza e “paralisi”, che porta la persona a non poter più lavorare né assolvere al ruolo familiare precedente e neppure a riuscire a mantenere una vita sociale e di comunità soddisfacente. A differenza del normale affaticamento, è molto più impegnativo riprendersi dalla FCT: non basta riposarsi o dormire per tornare attivi, possono essere necessari anche giorni (Rosman, 2009).
Al termine del trattamento antineoplastico, molti credono che anche gli effetti collaterali, tra cui la FCT, cesseranno gradualmente, il che per loro coincide con la guarigione dalla malattia. Essi pensano che quindi chi è affetto da FCT tornerà alla vita pre-malattia, e tendono a normalizzare la FCT dei sopravvissuti equiparandola alla fatica dei soggetti sani (Pertl et al., 2014).
FCT e qualità di vita
Un significato attribuito alla FCT è il non essere in grado di vivere la vita che si vorrebbe vivere (Lindqvist et al., 2004). Il sintomo ha un impatto sulla qualità di vita delle persone, che ne sperimentano le conseguenze in termini di limitazioni sociali, perdita dei vecchi contatti e incapacità di crearne di nuovi (Magnusson et al., 1999). Le attività prima considerate piacevoli ora sono evitate, come quelle prima svolte con amici e familiari (es. passeggiate, incontri conviviali) e i contatti con i colleghi di lavoro diventano meno frequenti (Magnusson et al., 1999).
Diversi soggetti descrivono la loro autostima come condizionata dal sentirsi inutili, insicuri e superflui, in quanto non più in grado di mantenere lo stesso ritmo fisico o mentale di altre persone, il che porta alla sensazione di sentirsi esclusi (Magnusson et al., 1999). Il concetto di “non avere la forza di stare con altri” racchiude l’idea che la FCT renda più difficile stare in compagnia e sia causa del rischio di isolamento. (Lindqvist et al., 2004).
La mancanza di forze porta a non riuscire a pianificare in anticipo alcune attività, a non poter rimanere quanto si desidera dai propri amici, e a non voler invitare ospiti perché non si sa se si avrà la forza di essere socievoli (Lindqvist et al., 2004). La perdita dei rapporti sociali porta queste persone a ulteriore frustrazione, in quanto i loro sforzi diventano futili o insostenibili (Potter, 2004); essi esprimono anche sentimenti di delusione e irritazione e sensi di colpa verso la famiglia, perché non in grado di garantire una buona partecipazione alle attività sociali (Lindqvist et al., 2004).
Per la persona l’esperienza della FCT implica qualche tipo di perdita come energia, controllo, forza, capacità di iniziativa o sociabilità. La maggior parte dei problemi però esitano della perdita di forza fisica: il soggetto si muove di meno, inciampa o cade (Magnusson et al., 1999). Inoltre manifesta il bisogno di dormire o riposare in misura variabile, di rimanere seduto o essere lasciato tranquillo (Magnusson et al., 1999). Le persone con FCT sperimentano una debolezza anormale o una fiacchezza che si evidenzia con tremori, vertigini, difficoltà a sollevare le gambe o a rimanere in stazione eretta; la conseguenza è che azioni come camminare velocemente o salire dei gradini sembrano impossibili da eseguire (Magnusson et al., 1999).
I pazienti con FCT fanno esperienza anche della mancanza di iniziativa: vorrebbero intraprendere delle attività ma sentono di non riuscire nemmeno a cominciarle (Magnusson et al., 1999); in aggiunta, l’imprevedibilità dei cambiamenti nei livelli di energia causa frustrazione e angoscia (Potter, 2004). Molti soggetti riferiscono che la memoria e la concentrazione sono influenzate dalla FCT, il che complica l’esecuzione di attività che richiedono uno sforzo mentale (Potter, 2004). Queste persone provano sentimenti di disperazione riguardo la loro situazione e i limiti imposti dal sintomo e tendono a servirsi del suo grado di severità come metro di misura per comprendere a che punto di trovano nel processo di malattia e quanto distante appare la morte. (Potter, 2004). Coloro i quali invece mostrano un percorso di accettazione della FCT, pongono maggiore enfasi sulla componente religiosa e spirituale del processo e sul senso di pace che dona loro: di fronte all’inevitabilità di convivere con una malattia terminale, manifestano la necessità di accettare la FCT rinunciando a lottare contro di essa (Potter, 2004).
Si è detto che il sintomo non consente più di vivere la vita che si vorrebbe vivere (Lindqvist et al., 2004). L’essere intrappolati in un corpo che non funziona come previsto significa avere un corpo di cui non ci si può più fidare; questo rende difficile cambiare la propria condizione e dà origine a sentimenti negativi come delusione, frustrazione, umiliazione, irritazione, disagio, incertezza e paura (Lindqvist et al., 2004). Un sottotema, definito come “sperare, ma senza aspettarsi, di superare la fatigue” (Lindqvist et al., 2004) racchiude un paradosso nel rapporto tra la speranza di un futuro di vita migliore e ciò che ci si aspetta effettivamente da questo futuro. Speranza e aspettative appaiono fianco a fianco nel percepito dei pazienti, i quali sembrano oscillare da un sentimento di speranza a qualcosa di più oscuro: dalla speranza di ripresa alla speranza di mantenere l’attuale capacità di dubitare di ciò fino al desiderio di morire (Lindqvist et al., 2004).
I malati di tumore vivono nel mondo del ”non posso ” anziché del ”posso” (Benner, 1994). Quando il corpo vissuto diventa consapevole della FCT ed è interrotto dall’incapacità a compiere alcune azioni, il sé interpreta la condizione come costrizione e il corpo affaticato come un impedimento per il sé, perché non più in grado di funzionare in modo ottimale (Wu et al., 2007). Le emozioni derivanti dal senso di “non potere” possono innescare o amplificare la FCT (Wu et al., 2007), ma alcune persone identificate come “combattenti” esercitano la loro volontà di dominare il proprio corpo affaticato e di mantenere un senso di integrità e controllo sulla malattia (Wu et al., 2007). Altre invece rinunciano a tale controllo laddove il corpo non si dimostri più in grado di soddisfare le proprie richieste o aspettative (Wu et al., 2007).
Il corpo affaticato diventa qualcosa di esterno e alieno dal sé; quando appare come un avversario e fa perdere il controllo sulla malattia, può causare sentimenti di inadeguatezza di fronte all’incedere dell’incertezza e dell’ignoto come aspetti dell’esperienza del cancro e del suo trattamento (Wu et al., 2007). Dopo una fase di opposizione e di lotta alla ricerca di una spiegazione razionale a questo senso di alienazione, il sé può apprendere modi appropriati per rispondere al processo di sviluppo del sé-corpo (Baron, 1985; Kirshbaum et al., 2013; Wu et al., 2007). A questo punto, il sé tenta di controllare il corpo comprendendolo e sviluppando modalità specifiche per affrontare la FCT, spesso con un processo di apprendimento di tipo esperienziale (Wu et al., 2007). Chi non riesce in questo processo evolutivo attribuisce al sintomo un ruolo centrale nella vita quotidiana, basata sui limiti da esso imposti; in tal caso la ricostruzione della propria identità avviene attorno a quella che può considerarsi una nuova malattia, la FCT per l’appunto, successiva alla “malattia-tumore” (Rosman, 2009).
In diversi studi emerge il termine “sopravvissuto”, che evoca l’immagine di un individuo forte e positivo che ha combattuto e vinto il tumore, piuttosto che di qualcuno che sta attraversando un difficile percorso che lascia indeboliti e con continui problemi (Pertl et al., 2013). Sebbene le storie di sopravvivenza possano essere fonte d’ispirazione per altri pazienti, tali narrazioni non rappresentano la realtà di tutti e possono suonare come estranee per coloro che sono ancora alle prese con problemi fisici o psicologici o che non vedono la propria esperienza di malattia come una lotta eroica per la sopravvivenza (Kaiser, 2008). I discorsi sulla sopravvivenza e i sopravvissuti possono quindi porre aspettative e pressioni irrealistiche sulle persone con tumore affinché si dimostrino all’altezza di queste figure ideali (Sinding et al., 2005).
Coloro che, a causa di una FCT persistente, vìolano il lasso di tempo socialmente prescritto e accettabile per la gestione del cancro sono visti come soggetti ipocondriaci, che si rifiutano di andare avanti con la vita di prima (Sinding et al., 2005). La FCT interferisce con le responsabilità e i ruoli familiari dei pazienti con tumore a causa della difficoltà o incapacità a garantire le stesse prestazioni del periodo precedente alla malattia (Bootsma et al., 2020). Essi sono diventati dipendenti da altri e questo ha un impatto significativo sul ruolo svolto e quindi sull’intera dinamica familiare; ciò può essere fonte di stress e conflitti (Bootsma et al., 2020). La FCT può portare infatti a non essere in grado di provvedere alle faccende domestiche, di aver bisogno di aiuto per la propria igiene personale, e anche se attualmente si hanno ancora le forze per farcela, in un futuro c’è il rischio che la dipendenza aumenti gradualmente scatenando sentimenti negativi di delusione, umiliazione, disagio, incertezza e paura (Lindqvist et al., 2004).
Alla fine del trattamento antineoplastico il paziente e i familiari spesso danno per scontato un ritorno al funzionamento pre-malattia; quando tuttavia questo non avviene a causa della FCT, i congiunti sospettano che il sopravvissuto stia simulando (Oktay et al., 2011). Una FCT che persiste anche dopo la fine del trattamento antineoplastico può comportare la perdita dell’opportunità di condividere il tempo e le attività ricreative alla base della relazione con il partner (Oktay et al., 2011). Una piccola minoranza di persone è in grado di svolgere le proprie attività quasi come prima; ciò dopo essere riuscite a ristabilire una buona qualità di vita, nonostante il sintomo, attraverso la modifica delle attività quotidiane, rendendole compatibili ai propri livelli di FCT e ristabilendo un nuovo equilibrio (Spichiger et al., 2012). Per il suo raggiungimento è fondamentale l’aiuto da parte della famiglia, della comunità e degli amici (Levkovich et al., 2019). In certe occasioni il supporto viene vissuto come qualcosa che limita la libertà e la privacy e prevale una sensazione di soffocamento e oppressione; il divario tra il desiderio della famiglia di aiutare e le esigenze personali della persona possono scatenare sentimenti di frustrazione e ansia (Levkovich et al., 2019).
Il sostegno di familiari, amici e vicini è particolarmente importante per la gestione della FCT dei pazienti, sebbene essi si sforzino di rimanere il più indipendenti possibile (Spichiger et al., 2012). L’aiuto è principalmente offerto per le attività quotidiane e include anche il supporto morale e l’incoraggiamento nelle situazioni di crisi (Spichiger et al., 2012). Generalmente il supporto è ben accettato, sebbene vi sia chi è riluttante ad accettarlo principalmente per non voler sovraccaricare di onere psicofisico familiari o amici o perché non si è disposti a delegare ad altri compiti riconosciuti come di propria specifica pertinenza (Spichiger et al., 2012).
Il problema principale che devono affrontare le persone affette da FCT sembra essere la “legittimazione” del sintomo agli occhi di familiari, amici e operatori sanitari, vissuta come una lotta quotidiana. Dopo diverso tempo che esse sono libere da malattia la famiglia e gli amici tendono a dimenticarsi della pregressa condizione tumorale; invece esse, proprio a causa della FCT, si riconoscono ancora nel ruolo di individui malati (Rosman, 2009). La mancanza di comprensione da parte della famiglia porta i pazienti a sviluppare argomenti per differenziare la FCT dal normale affaticamento, attribuendole caratteristiche specifiche: essa è “imprevedibile” e “sempre presente”, anche quando latente (Rosman, 2009). Sebbene possa colpire all’improvviso, non scompare mai del tutto e si intensifica in modo inaspettato (Rosman, 2009). È anche accompagnata da una sensazione di “pesantezza” e “paralisi” che rende difficoltoso il movimento alla persona (Rosman, 2009). È anche difficile riprendersi da essa: a volte richiede ore o giorni di riposo a letto (Rosman, 2009).
FCT: strategie di coping
L’immagine generale della vita delle persone con FCT è rappresentativa di una continua battaglia e lotta con il sintomo e la debolezza conseguente (Potter, 2004). Strategie come la stimolazione, il riposo, la delega e la definizione delle priorità sono messe in pratica, ma possono rivelarsi di efficacia limitata o fluttuante nel tempo (Potter, 2004; Spichiger et al., 2012). Le strategie più utili sembrano basarsi sulla necessità di capire il perché dell’insorgenza della FCT; inoltre, quando gli operatori sanitari permettono ai pazienti di discutere della condizione e di utilizzare strategie di rilassamento per migliorare il benessere psicologico, il carico complessivo della FCT si riduce (Krishnasamy, 1997; Potter, 2004).
Per alcuni individui le strategie per fronteggiare la FCT consistono in attività di auto-aiuto come andare a letto presto, riposarsi, fare esercizio fisico, pianificare le attività quotidiane, delegare compiti domestici e distrarsi (Lindqvist et al., 2004; Magnusson et al., 1999; Rosman, 2009; Spichiger et al., 2012). Quattro sembrano essere le principali azioni che danno sollievo dalla FCT: ridurre o cessare l’attività (es. coricarsi, sedersi, dormire); aumentare l’attività fisica o sociale (es. esercizio, socializzare, camminare); distrarsi (es. ascoltare musica, leggere, guardare la TV) e altro (es. chiedere aiuto, cambiare tipo di attività) (Graydon et al., 1995).
L’interazione con altri sopravvissuti e il fissarsi obiettivi raggiungibili e adeguatamente ricompensati rappresenta per certi pazienti un efficace sistema di supporto e motivazione, in quanto importante facilitatore alle attività di distrazione dalla FCT è il sentirsi a proprio agio con sé stessi e riappropriarsi di un nuovo senso di controllo (Kim et al., 2020; Wu et al., 2007). Un’altra strategia consiste nello stabilire un programma rigoroso che favorisca un’estrema regolarità delle attività quotidiane, incluso un ambiente stabile, prevedibile e ordinato in modo da lasciare il minore spazio possibile all’imprevedibilità, che destabilizzerebbe la vita di tutti i giorni (Rosman, 2009). Il bisogno di regolarità serve per anticipare i momenti in cui prende il sopravvento la FCT, da cui la necessità di riposarsi; questo è possibile solo tramite un’accorta pianificazione della giornata che consenta l’accumulo ottimale ed efficiente di riserve di energia (Rosman, 2009; Spichiger et al., 2012).
Lo stesso concetto di energia fisica viene considerato come una risorsa rara, da spendersi se possibile soprattutto per attività che vengono scelte deliberatamente dall’individuo sulla base del piacere che procurano, come per esempio alcuni hobby (Rosman, 2009; Spichiger et al., 2012).
Anche il lavoro può essere fonte di piacere; in tal caso l’orario lavorativo viene strutturato per adattarsi alle riserve energetiche della persona, ma se il lavoro non è più visto come una priorità è la prima attività che viene abbandonata (Rosman, 2009; Spichiger et al., 2012).
Anche il lavoro può essere fonte di piacere; in tal caso l’orario lavorativo viene strutturato per adattarsi alle riserve energetiche della persona, ma se il lavoro non è più visto come una priorità è la prima attività che viene abbandonata (Rosman, 2009; Spichiger et al., 2012).
La gestione delle proprie attività come parte di un processo di ricerca di una nuova normalità è quindi una strategia utilizzata dai pazienti per riprendere il controllo della FCT tramite cambiamenti dello stile di vita, tenendo un diario, ricostruendo interamente le loro vite intorno all’esperienza del sintomo (Bootsma et al., 2020).
FCT: percezione degli operatori sanitari
E’ difficile per il paziente descrivere la FCT: si tratta di un fenomeno complesso, che sfugge a una facile concettualizzazione (Potter, 2004); l’infermiere ha quindi davanti a sé una sfida nel riconoscere e valutare il sintomo. Tuttavia, in primo luogo, egli potrebbe alleviare parte del disagio psicologico rendendosi disponibile e dedicando il tempo necessario all’ascolto della persona, incanalando le sue paure e preoccupazioni in discussioni significative per la FCT (Potter, 2004; Wu et al., 2007).
Le informazioni sull’insorgenza del sintomo andrebbero fornite in anticipo, così come il fatto che ciò che potrebbe sperimentare è differente dall’esperienza passata di affaticamento, mettendo così il paziente in condizione di condividere la propria esperienza con quella di altri individui, come strategia di supporto e di conforto (Wu et al., 2007).
Purtroppo, spesso è osservabile una carenza in termini di educazione alla valutazione e gestione della FCT come parte delle cure di routine nelle persone con tumore, anche per l’inconsapevolezza dell’entità del problema e per le specifiche carenze formative del team di cura (Corbett et al., 2016; Spichiger et al., 2012).
Inoltre gli operatori sanitari danno l’impressione che l’impatto del tumore termini dopo il trattamento antineoplastico (Sinding et al., 2005), ritenendo che lo stato funzionale del paziente a quel punto non debba più essere per loro una preoccupazione primaria (Larun et al., 2007; Pertl et al., 2013).
DISCUSSIONE
Risultati principali
La revisione della letteratura si è posta come scopo di esplorare l’esperienza della FCT nei pazienti oncologici durante e dopo le cure antineoplastiche, descrivere le ricadute del sintomo sulla qualità della vita e illustrare le strategie di coping adottate per la sua gestione.
Per comprendere al meglio la FCT sarebbe necessaria una definizione, ma al momento non ne esiste una che sia accettata universalmente. Si è tentato di definirla come un’esperienza fisica di esaurimento, mancanza di forza fisica e debolezza, da cui appare una relazione di tipo complesso tra cancro, fatigue e morte (Lindqvist et al., 2004). Tuttavia, è risultato più semplice descriverne le dimensioni a cui appartiene e cercare di definirla in base alle esperienze raccontate da chi l’ha sperimentata.
I pazienti oncologici hanno difficoltà a far capire la loro condizione di persone affette da FCT a infermieri, medici e familiari, in quanto non riescono a individuare le parole giuste per descrivere il sintomo. Esso è principalmente descritto attraverso l’uso di metafore e l’esplicitazione di sensazioni fisiche e mentali, al fine di facilitarne all’interlocutore la comprensione.
La FCT ha un impatto fisico, psicologico, sociale e spirituale e influisce su tutte le dimensioni della qualità della vita. Detto ciò, l’esperienza vissuta varia da soggetto a soggetto, per cui risulta ulteriormente difficile l’interpretazione e la valutazione da parte di chi cerca di apprendere come si sviluppi il fenomeno. Sono state individuate, delle descrizioni fatte dai pazienti, alcune caratteristiche essenziali e costanti, ovvero il sentirsi deboli e facilmente affaticabili e la sensazione di avere uno stato di cognizione alterato.
Un altro problema emerso, riscontrato dai pazienti guariti dal tumore, è la ricerca e il desiderio di legittimazione sociale della FCT, pur in un contesto libero da malattia, anche attraverso lo sviluppo di argomentazioni e strategie che aiutino la persona a far comprendere all’interlocutore le differenze principali tra affaticamento fisiologico e FCT.
Il processo di assegnazione di significato alla condizione è complicato, perché trattasi di un sintomo la cui insorgenza è improvvisa e inaspettata, che può manifestarsi frequentemente anche dopo il trattamento di una malattia potenzialmente letale.
La mancanza di chiarezza sul significato della FCT combinata con la risposta emotiva alle interpretazioni date al sintomo da parte di operatori sanitari o familiari (es. simulazione di un sintomo in realtà inesistente oppure spia di una possibile recidiva di tumore) rendono problematica la comunicazione aperta della FCT. Se la famiglia non comprende o sottovaluta che cosa stia attraversando la persona, si scatenano sentimenti di frustrazione che influenzano il significato che la persona stessa attribuisce alla propria condizione. Quando il proprio congiunto è affetto da FCT, i familiari devono prendere coscienza che la rimodellazione dei ruoli avvenuta in fase acuta potrebbe perdurare anche nella fase cronica post tumorale o addirittura essere permanente in termini di riaggiudicazione e redistribuzione di nuove responsabilità nel nucleo familiare. Quando la FCT è percepita come un possibile ritorno del tumore, in assenza di una comunicazione aperta, i membri della famiglia potrebbero non accettare eventuali cambiamenti di ruolo perché questo potrebbe apparire come un’ammissione e quasi una tacita legittimazione del verificarsi dell’esito temuto.
La persona con FCT avverte il corpo come separato dal sé, e anziché sentirsi un soggetto del corpo, ne diviene oggetto. A causa del sintomo, gli individui cercano di ottimizzare le scarse energie a disposizione solo per compiere attività ritenute necessarie. Ciò può comportare la scelta di ridurre la frequenza dei contatti sociali, al prezzo di perdere amicizie e provare un sentimento di solitudine. Anche il mantenimento del tipo di lavoro precedente la FCT può essere problematico: gli impieghi dove le mansioni comportano sforzi fisici devono essere abbandonati, ma ciò può valere anche per chi svolge un lavoro meno impegnativo fisicamente, laddove trovi difficile mantenere l’efficienza mentale e la produttività di prima. La perdita totale o parziale del lavoro determina conseguenze a livello economico, che spesso non sono sopperite da un’indennità di invalidità, in quanto gli stessi medici faticano a riconoscere la FCT come una condizione invalidante. Per farvi fronte le persone mettono in atto diverse strategie di coping. Esse attuano un meccanismo di riorganizzazione delle proprie attività quotidiane, svolgono solo attività essenziali ed evitano quelle piacevoli ma faticose. La programmazione anticipata delle attività consente di avere il tempo a sufficienza per recuperare quelle energie utili per svolgere ciò che più desiderano. Per ritrovare la forza e l’energia necessaria gli individui con FCT ricorrono spesso al riposo o più semplicemente rimangono seduti o sdraiati finché ne sentono la necessità.
Un problema rilevante è lo scarso riconoscimento dell’esistenza della FCT e dei suoi effetti invalidanti da parte degli operatori sanitari. Per costoro generalmente essa è un effetto collaterale di scarsa importanza e bassa priorità assistenziale nell’iter di trattamento del tumore. La percezione di questa mancanza di comprensione e sostegno influenza la capacità dei pazienti di far fronte al sintomo, alla luce anche del fatto che parte del disagio associato alla FCT deriva dalla mancanza di una sua convalida. In aggiunta, le persone hanno difficoltà a parlare della loro condizione: non sanno esattamente di che si tratta, la associano spesso al concetto di incurabilità del tumore anche una volta terminato con successo il trattamento antineoplastico e non di rado la affiancano al concetto di morte. Ciò facilita nell’individuo la percezione dell’ineluttabilità del sintomo, in quanto preparatorio alla propria morte.
Implicazioni per la pratica infermieristica
Dal momento che in letteratura emerge la mancanza di comunicazione con il paziente in merito alla FCT, gli operatori sanitari e in primis gli infermieri dovrebbero responsabilizzarsi e diventare competenti sulle caratteristiche del sintomo e la sua gestione. In tal modo potrebbero offrire ai pazienti l’opportunità di conoscere e comprendere la FCT e i suoi effetti, fornendo loro informazioni puntuali e corrette e dimostrandosi aperti all’ascolto della loro esperienza.
Ancora prima della sua insorgenza, bisogna avvertire le persone sottoposte a trattamento antineoplastico o che lo hanno terminato che potrebbero soffrire del sintomo, per dare loro modo e tempo di accettarlo.
Occorre favorire la comunicazione, lasciando spazio adeguato alla esplicitazione di domande e dubbi. Ascoltare l’esperienza delle persone con FCT è fondamentale per poter valutare l’onere della loro condizione e proporre eventuali suggerimenti e consigli.
Trattandosi di un fenomeno che difficilmente scompare nel tempo, anche dopo la guarigione dal tumore, è raccomandabile garantire alla persona la continuità di un supporto, per favorire il progressivo adattamento alla FCT e affrontare in modo propositivo i cambiamenti nelle attività di vita quotidiana e nella sua globale riorganizzazione anche attraverso il coinvolgimento di familiari e amici.
Bisognerebbe anche mettere in comunicazione tra loro i pazienti per creare e sviluppare una rete di supporto reciproco e ridurre così il loro senso di solitudine e frustrazione tramite la messa in campo di esperienze comuni da condividere insieme.
Implicazioni per la ricerca
La mancanza di una definizione univoca e condivisa di FCT è il problema principale alla base del suo riconoscimento e di una sua eventuale valutazione oggettiva. Quest’ultimo aspetto ne consentirebbe la validazione clinica con conseguente sua legittimazione.
Ulteriori studi andrebbero implementati per chiarire e approfondire il significato da attribuire alla FCT e per testare l’efficacia di strategie per la sua gestione.
Limiti
La ricerca dei documenti utili alla revisione è stata eseguita su alcune delle principali banche dati elettroniche di interesse biomedico, privilegiando, in funzione delle caratteristiche dell’argomento, quelle più in grado di fornire risultati interessanti, come PsycINFO. Nonostante ciò, è possibile che la consultazione di altri database (es. Scopus, Web of Science) avrebbe potuto produrre ulteriori record pertinenti e rilevanti per il tipo di tematica affrontata.
A parziale compenso, non è stato posto un limite di anno e lingua di pubblicazione, è stata implementata una strategia di ricerca sia per termini MeSH che per parole chiave, quest’ultima al fine di intercettare anche le citazioni non ancora indicizzate con termini del Tesauro, ed è stato eseguito un recente aggiornamento su MEDLINE rispetto alla prima ricerca per la verifica di eventuali e ulteriori nuovi record di interesse.
CONCLUSIONI
La FCT è un fenomeno complesso, ancora non completamente compreso ma dal forte impatto sulla qualità della vita delle persone. Il sintomo ne influenza significativamente tutte le dimensioni e può compromettere a vario grado e titolo le capacità funzionali, i rapporti sociali e il ruolo familiare. Come effetto, le persone provano sentimenti negativi come frustrazione, senso di solitudine o paura, compresa la paura di morire.
Le strategie di auto-cura e di coping adottate includono il riposo e/o la programmazione delle attività da svolgere; ciò potrebbe condurre l’individuo alla necessità di dover rinunciare a esperienze piacevoli o di svago, da cui la sensazione di sentirsi “intrappolato nel proprio corpo”.
Gli infermieri, dopo adeguata formazione, sono chiamati anzitutto a riconoscere e dare legittimità alla FCT, ascoltare l’esperienza che i pazienti riferiscono di questo sintomo ed essere in grado, per quanto possibile, proponibile e accettabile, di suggerire strategie ed interventi per la sua gestione ai fini del miglioramento della qualità di vita percepita.
Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.
Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.